Giudicheremmo stupido colui che, visto che la luce serve a vedere meglio, decidesse di fissare il Sole dritto negli occhi.
A prima vista sembra che il contrario della cecità del dogmatico sia la nitidezza della vista del sapiente. In realtà la chiarezza della vista sarebbe solo il ribaltamento della cecità del dogmatico e come tale una faccia della stessa medaglia.
Il contrario della cecità del dogmatico è la corregibilità della miopia.
Questa simbologia sta al cuore del Nome della Rosa, di Eco:
Jorge il bibliotecario cieco rappresenta la cecità del dogmatismo, la rischiosa stupidità di chi segue l’autorità senza argomentare, e che è già violenta nel suo rifiutarsi di dare ragione esigendo una fede.
Guglielmo il francescano con la vista appannata, il miope, che umilmente riconosce i suoi limiti e inforca gli occhiali, è il vero sapiente. Non la vedetta con la vista lunga ma colui che accettati i suoi limiti, decide di costruire delle lenti per vederci meglio.
La risoluzione di un problema presuppone che prima si riconosce la sua presenza come tale. Il dogmatico rifiuta di ammettere il problema, perché si crede infallibile. Il dogma lo protegge proprio dal rischio dell’errore, della revisione e dell’aggiustamento. Per questo il dogmatico non solo è pericoloso, ma è immorale, lungi dall’essere il santo, colui che segue con il massimo dell’impegno un obiettivo di perfezionamento, egli rimane fermo nello stesso punto, illudendosi che la verità sia un’illuminazione e non un processo.
Il suo contrario non è colui che ci vede chiaro. Colui che ci vede chiaro è pari al cieco, perché è accecato da una luce talmente forte che si trasforma in abbaglio.
Il contrario del dogmatico è il miope, colui che “non azzarda orizzonti”, che cammina con le mani davanti a sé per farsi una vaga idea di cosa lo aspetta e correggere il tiro di passo in passo. Ecco perché il miope è un rappresentante della moralità. La morale dipende dall’autocorrezione, dal riconoscimento dei propri errori e dal loro aggiustamento. La morale presuppone la possibilità poter fare altrimenti.
Per questo Dio non può essere morale: non c’è uno sfondo su cui le sue azioni assumono rilevanza in opposizione a loro possibili alternative. Solo l’uomo può essere morale.